Ho letto il libro Status Quo di Roberto Perotti, che tratta degli sprechi statali che nessuno riesce ad eliminare. Di questi sprechi si parla molto e il tormentone di Perotti è che invece bisognerebbe raccogliere i dati, perché una volta che hai i dati la fonte degli sprechi balza agli occhi. Il libro per esempio analizza l’ippica italiana, che consiste in ben trentotto ippodromi, che in gran parte si limitano a poche corse l’anno, perché c’è un calo generale di interesse del pubblico verso “i cavalli che tirano un carretto” (sono parole di Perotti). Ciò nonostante lo Stato tiene in vita l’ippica versandole ogni anno duecento milioni di euro, di cui non si capisce l’utilità pubblica, perché di certo non mancano gli sport in Italia, e se volessimo salvare tutti gli sport in declino staremmo ancora finanziando i gladiatori e le corse delle bighe, e sono sempre parole sue.
C’è poi il caso più noto della Rai. Perotti dimostra lo spreco confrontando i dati della Rai e quelli della BBC, che produce informazione migliore ma paga i giornalisti di meno. In Italia lo spreco della Rai prosegue da decenni, ed è sopravvissuto a ogni crisi di bilancio dello Stato, e l’anno scorso il governo ha addirittura inserito il canone Rai nella bolletta elettrica per aumentare il gettito. È stato come consegnare altre casse di vino a un alcolizzato (queste invece sono parole mie).
Perché nessuno elimina gli sprechi dello Stato? Il nostro atteggiamento verso un problema può essere di affrontarlo – un filosofo direbbe che il problema si pone a noi come ciò-che-deve-essere-risolto. Per esempio vedi una macchia di sugo sul fornello e la pulisci. Oppure l’atteggiamento può essere di evitare il problema – il filosofo direbbe che il problema si presenta come ciò-da-cui-occorre-fuggire. Per esempio noti che la lavatrice fa rumori strani, e occorrerebbe chiamare un tecnico, ma non hai tempo, o temi la spesa, o temi che il tecnico ti annunci che devi sostituire la lavatrice, e allora inizi una lotta mentale contro il rumore della lavatrice, cercando di convincerti che è normale, o che passerà da solo, o che se ascolti bene sta già diminuendo.
Gli sprechi dello Stato si pongono ai politici come ciò-da-cui-occorre-fuggire. Le ragioni variano da caso a caso. Per l’ippica, può darsi che i politici temano i danni di immagine di prendersela con i cavalli e i fantini. Per la Rai, può darsi che ai politici paia brutto tagliare lo stipendio ai parenti, gli amici e i raccomandati che hanno infilato nella televisione pubblica. Tuttavia gli sprechi restano. I cittadini li vedono e trovano il modo di lamentarsene, per esempio votando no ai referendum. La lavatrice per così dire continua a fare rumore. Ho notato che ci sono almeno quattro strategie per continuare a fuggire dai problemi. Si usano in politica, in famiglia quando si discutono i problemi, e anche nella testa del single impegnato nelle lotte mentali. Sono la fuga in avanti, la fuga all’indietro, la fuga verso l’alto e la fuga verso il basso.
La fuga in avanti consiste nel sostituire il problema che si potrebbe affrontare subito con uno più ambizioso che richiede una mobilitazione ampia di mezzi, in attesa della quale sprecarsi a risolvere il problema di partenza risulta futile. “Il problema non è migliorare le condizioni economiche dei ricercatori italiani, ma di fare dell’Italia un leader della ricerca”.
La fuga all’indietro consiste nel sostituire il problema che occorre affrontare adesso con un problema che forse si poteva affrontare nel passato, ma ormai è irrisolvibile. “Il problema non è l’integrazione scolastica dei figli degli immigrati, il problema è l’immigrazione”.
La fuga verso l’alto consiste nel proporre di risolvere il problema con un’elevazione generale dei costumi, un’ascesa improvvisa degli individui a un livello più alto di umanità. “Se gli studenti escono dalle superiori senza saper scrivere in italiano la colpa non è della scuola; basterebbe che stessero meno sui social e leggessero di più”.
La fuga verso il basso consiste nel risolvere il problema accettando di scendere a un’esistenza diminuita dove il problema cessa di essere tale. “Sì, la Rai è piena di sprechi, ma non possiamo pretendere di essere la BBC”.
Probabilmente c’è anche la fuga di lato (“il problema non è la lavatrice che fa rumore, è che tu torni a casa tardi la sera”). Ho letto inoltre un’intervista alla ministra dell’istruzione Valeria Fedeli dove dice che affronterà il problema degli studenti che non sanno scrivere in italiano con una celebrazione in tutte le scuole del compianto linguista Tullio De Mauro: sembrerebbe un tipo ulteriore di fuga, ma per stabilirne la direzione credo si esca dallo spazio della fisica moderna. La morale è che occorre far caso a queste fughe, perché sono un segno che l’interessato non farà nulla, e bisogna tenersi informati con i libri di Perotti e altri autori che magari non son simpatici ma hanno studiato i problemi, ed evitare anche noi la fuga verso il basso di accettare che questi problemi restino irrisolti.
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